TESTO CURATORIALE

TESTO CURATORIALE 

Mostra personale di GAIAMACCHINA

A cura di Valeria Rufini Ferranti 

Gaiamacchina, nome d’arte per Gaia Alice Intaglietta, è una giovane artista italiana di talento: pluripremiataespone in Italia e all’estero e partecipa con le sue opere a diverse edizioni di ArteFiera. Dalla digital art alla realizzazione di un programma televisivo, dalla performance alla video installation, dalle creazioni di moda fino alle sfilate cyborg in giro per l’Italia, raccontare l’arte di Gaiamacchina significa parlare dell’arte del nostro secolo a 360 gradi. Un percorso riconosciuto dalla critica, come attestano le pagine a lei dedicate sia nel Catalogo d’Arte Moderna edito Mondadoriche nell’Atlante d’Arte Contemporanea edito dalla DeAgostini; un percorso accertato dunque, ma tutt’altro che cristallizzato. Dalle prime prove, affiancata dal Maestro Omar Galliani, ai bozzetti per progetti più maturi fino alle tele recenti, l’arte di Gaiamacchina è in costante evoluzione, ben sintonizzata , sempre pronta a captare nuove frequenze su una visione tutta personale degli eventi, della vita e del contemporaneo, che l’artista interiorizza e restituisce attraverso un suo peculiare linguaggio estetico. 

Le radici della poetica artistica di Gaiamacchina vanno rintracciate già nell’analisi del nome: Gaia, nome di battesimo, dal greco Γῆ, traslitt. “Ghé”, antropizzazione della Terra e madre di tutti gli dei, e macchina, sempre dal greco μηχανή, traslitt. “mecané”, apparecchio, congegno derivante dall’assemblaggio di una serie di parti connesse tra loro, progettato per compiere una determinata azione. Una parte arcaica, ancestrale, cabalistica: un legame viscerale con la terra e con la mitologia, una forma di attrazione naturale verso la ricchissima complessità del patrimonio culturale etnoantropologico, attraverso le più diverse epoche e i confini geografici; l’altra parte invece più futuristica, logica, meccanica appunto, quasi scientifica nei procedimenti, geometrica nella progettazione ed espressiva nell’esecuzione che avviene sempre incredibilmente a mano libera, senza alcun ausilio di strumenti tecnici. 

Quando due universi così carichi e anche apparentemente lontani si incontrano, non può che generarsi una nuova galassia, innescata dalla scintilla creativa che anima la personalità di Gaiamacchina. Di questo si tratta: una galassia di invenzioni tecnologiche, un ecosistema a sè stante, abitato da animali, persone e personaggi, in eterno equilibrio grazie ad un sistema di forze cosmiche e al funzionamento perfetto di marchingegni tutti umani. Tutto è macchina, nel mondo straordinario di questa artista, persino i valori: l’ironia sapientemente velata e l’eleganza di un tratto leggero ma mai indeciso citano le macchine amorose di Picabia, caricandosi del bagaglio concettuale del Grand Verre di Duchamp.

Cyborg e umano, nell’arte di Gaiamacchina, risultano come una naturale compenetrazione l’uno dell’altro: di fronte ad una sua tela, non ci chiediamo mai dove inizi uno e dove finisca l’altro, perché il linguaggio adottato dall’artista sintetizza alla perfezione una visione unitaria e consapevole del reale. 

Il prezioso fondale color oro, ricorrente in numerose opere, impreziosisce e scalda l’azzurro più algido dell’ingranaggio d’acciaio, trasportando le creature raffigurate in una dimensione carica di energia, quasi sacra, in un’epoca di riti benaugurali e di fastose cerimonie bizantine. Il metallo non è mai tagliente, ma prezioso: è un utensile carico di civiltà, una vera e propria ricchezza per l’artista che sa dominarlo e se ne avvale per parlare al resto dell’umanità. Ed ecco, le opere di Gaiamacchina parlano, alla mente e all’animo di chi le ascolta: raccontano di una filosofia originale, fatta di immagini in movimento, incontri, coincidenze ed esperienze, una filosofia dell’oggi ma anche del domani, che esiste, c’è, declinata al presente e al futuro, e si incarna continuamente nella persona di Gaia e in quello che lei straordinariamente crea. 

A cura di Valeria Rufini Ferranti